domenica 5 maggio 2013

Il tempo delle autostrade

Tre e mezzo è il titolo del grande reportage fotografico che Giovanni Santi, con il lungo e appassionato testo di Maurizio Bettini, ha dedicato alla costruzione del Lotto 5A della variante di Valico, nell'Appennino tosco-emiliano, uno dei tratti autostradali più complessi d'Italia. Cinque anni di lavoro e due anni di fotografia condensati in 156 pagine di libro che non racconta i fasti aziendali e produttivi dell'azienda, la Maltauro, che ha realizzato l'opera, ma le storie, grandi e minute, magnifiche ed essenziali, del lavoro che è stato necessario e degli uomini che hanno dedicato all'impresa molto tempo della loro vita.
Proprio il tempo, o meglio i tempi degli eventi e degli uomini è il filo conduttore del testo di Bettini, di cui riportiamo ampi stralci.
Tre e mezzo ha vinto recentemente il FEP European Photo Book of the Year, Award 2013.


Tre minuti e mezzo
Maurizio Bettini
Fotografie di Giovanni Santi

“Cinque minuti”. È l’espressione che si usa comunemente per indicare un tempo poco rilevante, se non addirittura insignificante, nell’economia di una giornata: ad esempio quello che occorre per chiudere casa e scendere da basso, o per percorrere a piedi una breve distanza (“ma no, saranno al massimo cinque minuti …”): ovvero il tempo che si richiede per fumare una sigaretta fuori dal ristorante o dall’ufficio. Ma se cinque minuti sono pochi, che cosa dovremmo dire di tre minuti e mezzo? Evidentemente che sono al disotto del minimo, tant’è che neppure il più disperato degli amanti si sognerebbe di cantare: tre minuti e mezzo ancora, fammi restare con te... E non solo perché una richiesta del genere suonerebbe (incomprensibilmente) pedante, ma perché sarebbero davvero troppo pochi.
Eppure esistono casi in cui i minuti non possono che essere tre e mezzo, indipendentemente dalle nostre scelte o preferenze. Occasioni in cui questo minimo spazio cronologico non solo risulta estremamente significativo, ma ha il potere di egemonizzare giorni, mesi, addirittura anni nell’esistenza di decine di persone: i cui risvegli, le cui energie, perfino emozioni sono destinati ad essere risucchiate nel brevissimo vortice di quei tre minuti e mezzo.
È proprio da qui, da questo squilibrio apparentemente inspiegabile fra il tanto e il poco, se non fra il tutto e il niente, che la nostra storia prende le mosse.





     Il tempo e i luoghi

Per raccontarla dovremo innanzi tutto spiegare l’origine di questi fatidici tre minuti e mezzo. È presto detto: tre minuti e mezzo costituiscono il tempo che si impiega per percorrere settemilacinquecento metri di autostrada alla velocità massima indicata dal codice stradale, ossia centotrenta chilometri l’ora. Fin qui niente di sorprendente, si tratta solo di una questione di rapporti fra grandezze, che potrebbe trovare ospitalità perfino in un banale problema scolastico:

Se un’automobile percorre l’Autostrada del Sole a centotrenta chilometri l’ora, quanto impiegherà per coprire una distanza di settemila e cinquecento metri?

Proviamo però a immaginare quello che, almeno di solito, non si presenta alla mente degli scolari, ma neppure a quella di chi sta dietro al volante di un’automobile lanciata sulla Firenze - Bologna: ossia il tempo necessario per costruire quei settemila cinquecento metri di viabilità che si percorrono in tre minuti e mezzo. Uomini e mezzi che ‘movimentano’ macchine di ogni tipo, putrelle, ghiaia, sacchi di cemento, l’immensa mole di ciò che occorre per innalzare viadotti, colmare dislivelli, scavare gallerie: non senza aver prima tirato su tutte le strutture che occorrono per far funzionare un cantiere, dalle baracche per il personale ai bagni, dalla mensa ai capannoni per gli automezzi, all’officina dei meccanici.
In altre parole, proviamo ad abbracciare con uno sguardo – mescolando immagini, memoria e fantasia – la costruzione di un tratto della variante di valico – il Lotto 5A - che scava la sua via fra i rilievi dell’Appennino tosco-emiliano, dando vita a un’impresa che ha impegnato centinaia di tecnici e maestranze per un periodo di quasi cinque anni.




Lo scenario che dobbiamo suscitare davanti ai nostri occhi è quello di una zona montuosa come ce ne sono tante altre in Italia, pendii che prendono sole tutto l’anno e altri condannati a un’ombra perenne o quasi, torrenti capricciosi e composizione geologica non sempre facile. Soprattutto, però, non dobbiamo dimenticare che questo scenario di boschi e di rocce è stato perennemente immerso nella dimensione del tempo. Tutti coloro che hanno fatto parte di questo cantiere, infatti, hanno visto avvicendarsi, e non una volta sola, primavere umide e quasi sempre giunte di sorpresa, estati calde che altrove (e soprattutto per altri) significavano vacanza, autunni che diventavano sempre più bui, inverni che, se a spezzarli non ci fossero stati il Natale e la fine dell’anno, sarebbero sembrati più lunghi di tutte le altre stagioni messe insieme.
Dunque, se si compie questo insolito esercizio di fantasia, insinuando lo sguardo fra i boschi e le pietre di Pian del Voglio, attorno a Rioveggio – seguendo il percorso di un cantiere lungo 7500 metri e anche di più – ci si potrà presto rendere conto che quei tre minuti e mezzo da cui siamo partiti possono assumere più che giustificatamente la durata di anni.
Fino a corrispondere a una significativa porzione della vita di tutti coloro che in quel cantiere hanno concentrato non solo le ore, ma il succo stesso di tante loro giornate.




     Il tempo 

Il fatto è che il tempo non si sviluppa lungo un unico nastro, come troppo spesso si pensa, ma ne occupa tanti e diversi: nastri che scorrono a velocità differenti l’uno accanto all’altro, l’uno dentro l’altro. In questo senso il tempo somiglia davvero a un groviglio di nodi autostradali. Di tempo non ce n’è uno solo, ma tanti, che si incrociano e si saldano fra loro in una rete inestricabile, come lo è la vita delle persone che lo consumano. Accanto al tempo nostro, infatti, esiste quello degli altri, o meglio il tempo di ciascuno fra gli altri, che sono potenzialmente in numero infinito; e ogni singolo tempo vitale ha la sua durata indipendente ma connessa a tutte le altre, con una moltiplicazione cronologica che produce l’effetto di una vertigine. Se dunque si ha il coraggio di scostare il velo delle apparenze, o meglio di sollevare il coperchio della banalità temporale, si entra in una dimensione in cui – come in un film di fantascienza – tutti i rapporti cronologici possono risultare improvvisamente invertiti: la lunghezza si rovescia nella brevità, e l’istante assume in sé la dimensione della durata.


Ecco in che modo, a dispetto di qualsiasi logica, cinque anni possono ben corrispondere a tre minuti e mezzo: cinque anni di vita e di lavoro che si bruciano in soli tre minuti e mezzo di guida altrui.

Giovanni Santi, Tre e mezzo, testo di Maurizio Bettini, Prìncipi & Princípi, euro 24,00.

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